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Diritto & Giustizia

Su Diritto e Giustizia segue articolo del VicePresidente Nazionale Sud Italia Nicotera contro la posizione di chiusura verso i giovani del C.d.O. di Napoli

Accesso alla professione: numero chiuso per le facoltà e pratica più seria, questa la ricetta dell'Anpa
Ordinamento Forense / Avvocati Articolo pubblicato da Diritto e Giustizia del: 05/02/2005


di
Giancarlo Nicotera*

Sorprende un po - ma fino ad un certo punto l'analisi operata a Napoli da alcune Associazioni Forensi e dai locale Consiglio dell'Ordine di Napoli, poi sfociata nella mozione finale pubblicata anche su Diritto e
Giustizia del 3 febbraio scorso.
Pur nella consapevolezza che in un Convegno non si possano trattare con completezza variegate problematiche, l'accostamento di alcuni atavici problemi della giustizia e cioè lunghezza dei procedimenti civili e penali, richiesta di una giustizia pronta, efficiente ed ultimo baluardo per una garanzia sostanziale di tutti i cittadini, poco si confá con il problema inerente la formazione e l'accesso alla professione forense delle giovani leve nelle Università ed, in seguito, con la pratica forense.Tale approccio, anche solo intellettuale, dinanzi alla malattia che coinvolge i giovani legali è miope e monco di alcuni aspetti essenziali.
Si è mai visto un medico fare un'anamnesi completa ad una paziente per telefono?
Si è mal visto un medico curare un paziente senza ascoltare dal malato stesso quali sono i sintomi ed i malesseri che avverte?
In un atteggiamento forse non di supponenza, ma sicuramente errato, si parla sempre di giovani, senza mai interpellarli.A Napoli sì è asserito che erano coinvolte le Associazioni maggiormente rappresentative, ma di chi e per che cosa. Dove era l'Associazione Nazionale dei Praticanti ed anche dei Giovani Avvocati che in essa si riconoscono? Non che se ne faccia un problema di anagrafe, ma chi, nella migliore delle ipotesi, è da quasi 15 anni nel mondo forense, forse, non vive più sulla sua pelle i problemi dei giovani, e non coglie più alcune evidenti anomalie.Importante sarebbe stato dibattere serenamente con l'unica Associazione, presente su tutto il territorio nazionale, che ha un Consiglio Direttivo Nazionale di praticanti e giovani avvocati con un'età media di 31 anni.Certo, forse, interloquire con il proletariato forense, così da definizione espressa nel documento di Napoli, avrebbe fatto storcere li naso a qualche perbenista della classe forense, innamorato dei concetti, delle tavole rotonde, ma assai distante dai problemi, dei giovani colleghi, dalle loro aspettative, dalle loro concrete esigenze, dalla loro voglia di proporsi e vestire con fierezza, serietà e bravura la Toga.Per l'effetto, allontanandomi dai problemi della Giustizia e dal malevolo adeguamento delle nobili ed antiche classi forensi all'esigenze di rinnovamento (per cosi come espresso nei documento napoletano), mi soffermerei sui problemi dei giovani legali.Occorre sforzarsi per recepire le vere esigenze ed i veri mali dell'accesso alla professione forense. Certo ci sono interessi diversi e variegati, che coinvolgono le Università, le Scuole Forensi, con il consequenziale topico problema (non per noi, ma per alcuni sicuramente tale) su chi gestirà l'inevitabile enorme flusso di denaro che su di esse confluirà.La riforma Moratti ha statuito una strana pseudo-produttività, più lauree = più contributi, in una sorta di mostruosa equazione che nei prossimi anni farà si che centinaia ci migliaia di nuovi laureati in Giurisprudenza si affacceranno nei nostri Tribunali.Nelle Università, ove in un clima di sessantottina memoria esisterà, cosi, un nuovo 18 politico, fondato non su vecchie ideologie, ma su nuove scelte tecnocratiche ancorate ad onirici parametri di pseudo-produttività.Università con ambizioni e programmi sempre più teorici.Per noi sarebbe stato assai più vantaggioso ed importante concentrarsi su un tentativo di fornire ai giovani laureandi una preparazione pratica, assunta anche nelle Aule giudiziarie, con un apprendimento concreto della professione forense.
E che dire delle Scuole Forensi, concepite come un ulteriore parcheggio a pagamento, ove potranno posteggiarsi i giovani laureati, con continui esborsi di danaro, cosicché essi potranno continuare a fare i disoccupati, anzi gli inoccupati nobili?.Ci sorprendiamo, poi, quando Il Foro di Napoli parla di accesso facile, come a prospettare (dimentico anche delle recentissime percentuali dei neoabilitati in quel Distretto) che la professione forense è libera, e non è suscettibile di valutazioni quasi concorsuali.
Un plauso alla richiesta di maggiore oculatezza da parte dei Consigli e degli studi legali. Ma dov'erano alcuni Consigli dell'Ordine, quando l'Anpa, in tutt' Italia, chiedeva - con voce stentorea - serietà nei controlli della pratica? Quando ci chiedevamo com'era possibile che in studi legali di 100 metri quadrati facessero pratica oltre 20 praticanti avvocati? Se occorre moralizzare l'ambiente tutto ciò non può partire sempre dai più deboli, dagli ultimi arrivati e cioè dal giovani laureati; i problemi sono a monte.
Si ad una pratica seria, effettiva, concreta, l'unico strumento in grado di garantire quella preparazione tecnico preparazione tecnico-giuridica pratica, quello stile, quella fierezza di essere e sentirsi Avvocati. E
certo non ci riferiamo all'inutile de-formazione delle Scuole Forensi, ma a quella pratica tradizionale espletata presso gli Studi Legali.Rimane fermo che l'Anpa, anche questa volta è l'unica voce - giovane - che si leva in difesa dell'interesse reciproco del praticanti e degli avvocati a non interrompere quel biennale flusso di conoscenze ed esperienze assumibile unicamente presso gli studi professionali. Solo questo può e deve essere l'unico percorso formativo, nonché l'unico metodo per l'accesso alla professione forense.

* vicepresidente nazionale (Sud Italia)

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