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La VicePresidentessa Gualdini su Guida al Diritto contro la Riforma Siliquini

N.49 di Guida al Diritto

UNA CONSULTAZIONE ALL'INTERNO DELL'AVVOCATURA PER MISURARE L'ADESIONE AI PROGETTI SULL'ACCESSO



 

La questione storicamente irrisolta relativa all’accesso alla professione forense sta ritornando prepotentemente d’attualità, dopo l’assai contrastata conversione del DL Castelli in materia - con la prima sperimentazione sul campo del sistema adottato, prevista con gli esami di abilitazione di metà dicembre.

L’Associazione Nazionale Praticanti e Avvocati è stata l’unica espressione del mondo forense che ha rifiutato di sottoscrivere il famoso documento conclusivo di Arezzo che ha originato la legge di riforma dell’esame di Stato.Superfluo ricordare come i rilievi rappresentati in quella sede dai rappresentanti dell’A.N.P.A. relativi al divieto dell’uso dei codici commentati, nonché alla prefigurata ipotesi di far sostenere ai candidati l’esame orale presso una Commissione diversa da quella di appartenenza, siano stati pienamente accolti già in sede di audizione in Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati.Dopo un anno di “standby” per quanto riguarda le modalità di correzione degli elaborati - risultato conseguito ancora una volta per lo straordinario impatto numerico e quindi politico proprio dell’A.N.P.A. – dalla prossima sessione d’esame si assisterà all’entrata a pieno regime del famoso sorteggio incrociato delle Commissioni esaminatrici.

Il macchinoso sistema appena prefigurato avrà il solo “pregio” di decimare ulteriormente le finanze nazionali già notoriamente deficitarie, nonché ridistribuire a livello nazionale le gravi iniquità di percentuali di neoavvocati indegne di una libera professione come dovrebbe essere quella di avvocato.In tale delicato contesto si inserisce l’insediamento presso il Ministero dell’Istruzione della Commissione Ministeriale in tema di accesso alle professioni legali presieduta dal Sottosegretario Maria Grazia Siliquini.

I praticanti ed i giovani avvocati riuniti nell’A.N.P.A. hanno stigmatizzato con forza l’implicita volontà emersa all’interno della Commissione Siliquini di considerare quale unico punto intoccabile proprio il nuovo sistema di svolgimento delle prove di abilitazione.Per converso paradossalmente si intende porre mano alla riforma della pratica legale, le cui attuali modalità hanno sempre trovato espressa condivisione sia nella base dell’avvocatura,sia del mondo giovanile forense.Diverso è l’assai rispettabile parere di alcuni sodalizi associativi forensi,ma non è la prima volta che le posizioni di alcune “elites” si trovino in aperto contrasto con gli interessi della base.

E’ davvero incomprensibile archiviare un sistema formativo che vede nel proficuo rapporto fiduciario tra il dominus ed il praticante avvocato il momento fondamentale per la condivisione di vecchie e nuove esperienze professionali,per dare il via ad un deleterio nuovo modello di formazione in cui abbiano un ruolo centrale le scuole.Non avrebbe senso sottrarre agli studi legali i tirocinanti per obbligare quest’ultimi a frequentare lezioni, peraltro onerose, poco utili per l’esercizio della professione,né tantomeno sarebbe opportuno gravare gli studi legali dell’obbligo di retribuire i praticanti ormai a mezzo servizio, anche perché tale eventuale entrata economica per i giovani Colleghi non sarebbe minimamente parificabile rispetto agli esorbitanti esborsi economici richiesti loro.

E’ lapalissiano il paradosso emerso all’interno delle soluzioni proposte dalla Commissione Siliquini che prevede da un aparte di rendere oneroso il tirocinio forense a carico degli incolpevoli giovani Colleghi, e dall’altro tenta -invano - di recuperare il consenso dei medesimi spostando presumibilmente il carico economico sugli studi legali di appartenenza. Se poi si pone mente al fatto che l’art. 26 del codice deontologico degli avvocati prevede già espressamente ciò che la Commissione Siliquini millanta come rivoluzione, ecco che la confusione programmatica di un progetto siffatto si mostra in tutta la sua evidenza.Un sistema farraginoso che è riuscito a riunire nel convinto dissenso vecchie e nuove generazioni forensi e che la Commissione Siliquini purtuttavia continua ad obnubilare pervicacemente.

Ciò che ci sorprende è la posizione del Consiglio Nazionale Forense che ha fatto propria la volontà di riformare il sistema formativo attuale.Consideriamo un gravissimo errore non prendere in alcuna considerazione il naturale dissenso che promana dalla base della classe forense. Come si può pensare che un avvocato preferisca abdicare, seppure part time -in favore delle scuole –la formazione di un nuovo giovane Collega? La difficile scelta che probabilmente si porrà innanzi agli attuali 60.000 praticanti sarà lasciarsi scavalcare nei prossimi anni dai neolaureati alle prese con un esame facilitato per avere conseguito un diploma a pagamento nei modi suindicati, ovvero drammaticamente pagarsi il tirocinio dall’inizio per tentare almeno di mettersi alla pari con i più giovani Colleghi.

Tutto ciò non può non apparire come una seconda beffa, dopo il DL Castelli riconfermato nei fatti da chi poteva bloccarne l’efficacia,ovvero la Commissione Siliquini di cui - sia chiaro - l’A.N.P.A. non fa parte.Sarebbe stato assai più opportuno aggredire il problema relativo alle vergognose percentuali nazionali di neoabilitati che per la Commissione Siliquini non sembra essere motivo di discussione.Quando ci sarà la possibilità per la classe forense di esprimere – in costanza di consultazioni elettorali - il proprio profondo dissenso per i propri rappresentanti, sia politici, sia forensi,questa deleteria riforma dell’accesso alla professione avrà già prodotto nostro malgrado irrimediabili danni.Riteniamo controproducente la creazione di un sistema formativo a pagamento caratterizzato tra l’altro da una vera e propria “corsa ad ostacoli” con presumibili prove intermedie annuali dei candidati, al fine non espressamente dichiarato di decimare il numero degli ammessi ancor prima che la riforma Castelli operi una definitiva strage nella sede di esami vera e propria.

E’ davvero inaccettabile che si voglia anticipare la barriera all’accesso ormai troppo tardi, quando sarebbe bastato operare normativamente – come propone l’A.N.P.A. da anni - un contenimento annuale del numero degli iscritti alla facoltà di giurisprudenza per ovviare ai problemi da più parti addotti di tenuta del sistema:si preferisce invece far luogo ad un intollerabile buonismo verso il mondo universitario per danneggiare irrimediabilmente quello forense.I praticanti e giovani avvocati dell’A.N.P.A. esprimono la massima preoccupazione per il fatto che l’ errore transeunte relativo alla modifica del modello formativo, possa trasformarsi in un orrore permanente qualora venisse delegata la gestione delle scuole forensi alle associazioni forensi - A.N.P.A. compresa - incapaci a nostro modo di esprimere un’ adeguata qualità di formatori, nonché una parimenti conforme preparazione almeno teorica.

C’è il rischio non indifferente che si dia il via -anche involontariamente- ad un sistema di accaparramento degli incarichi formativi, il tutto a detrimento degli interessi reali della base della classe forense italiana.Si ritiene pertanto che - anche al fine di sgombrare il campo da sospetti di qualunque tipo e dare un’ indispensabile dimostrazione di trasparenza – anche le libere docenze delle scuole forensi si conferiscano esclusivamente a professori universitari di chiara fama.Non ci soffermeremo oltremodo sulla proposta a dir poco grottesca relativa a possibili corsi on line a distanza, addirittura supportati dall’ausilio di videoccassette,né tantomeno sulla provocatoria possibilità di accreditare la “dignità” degli studi legali ad accogliere i praticanti.

La tradizione giuridica millenaria di un popolo non può essere sacrificata sull’altare di degradanti metodi formativi anglosassoni. L’Associazione Nazionale Praticanti e Avvocati ha chiesto a mezzo stampa al Presidente del C.N.F. Guido Alpa di indire al più presto una consultazione interna all’avvocatura per verificare il grado di adesione della classe forense alla riforma Siliquini in fase di elaborazione. Non può essere il presumibile timore di una ricusazione del progetto da parte della base, a consigliare al massimo organo istituzionale della categoria di imporre dall’alto una riforma invisa.Verifichiamo come – nostro malgrado - la nuova posizione del Consiglio Nazionale Forense abbia rinnegato con i fatti l’intelligente politica di con-divisione delle scelte, propria della precedente presidenza, e pertanto ci appelliamo a tutti i Consiglieri,nonché ai due VicePresidenti al fine di ripristinare un dialogo assai più sereno con i giovani legali italiani.

La politica si regge sui numeri e non su sigle forensi più o meno roboanti:solo l’A.N.P.A. rappresenta oltre 60.000 Colleghi, ovvero quasi un terzo di tutta la classe forense italiana.Sappiano in ogni caso tutti i Colleghi praticanti ed avvocati che l’A.N.P.A. – sodalizio associativo il cui 30% di iscritti sono giovani avvocati iscritti da meno di sei anni all’albo professionale - farà tutto è nelle sue possibilità – a tutti i livelli - per impedire che venga approvata una riforma avversata dalla base ed in quest’ottica è da vedersi l’ormai imminente petizione nazionale in ordine al rifiuto della prossima riforma Siliquini, e quindi in un’ ultima strenua difesa degli interessi e dell’ identità storica dell’ avvocatura italiana.


*Maria Gualdini
VicePresidente Associazione Nazionale Praticanti e Avvocati


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